​LA SINDROME DI SJӧGREN

Epidemiologia
La sindrome di Sjӧgren primitiva è una malattia che colpisce circa 16000 soggetti in tutta Italia, ha una prevalenza di 1 malato ogni 4000 abitanti (dato relativo all’anno 2008, rilevato in base all’esenzione 030 e fornito dagli Assessorati Regionali alla Sanità e centri epidemiologici, dove esistenti, sul territorio Nazionale.
La malattia colpisce soprattutto le donne (9 a 1) ma può interessare persone di qualsiasi età con due picchi di incidenza da 20 a 30 anni e durante la menopausa 40-50 anni. La fascia pediatrica non è esente da questa patologia.

Patologia
La Sindrome di Sjӧgren (SS) è una malattia rara, autoimmune, sistematica e degenerativa, caratterizzata da infiltrazione linfocitaria delle ghiandole esocrine con conseguente xerostomia e xeroftalmia. Si distingue una forma primaria, in cui vengono colpiti vari organi (occhi, bocca, stomaco, pelle, organi genitali, esofago, pancreas e polmoni ecc.); possono essere aggrediti l’apparato osteo-articolare, cardiovascolare e respiratorio.
La forma secondaria è associata ad altre malattie immunomediate, come l’Artrite Reumatoide (AR), il Lupus Eritematoso Sistemico (LES) o la Sclerosi Sistemica.
La SS può potenzialmente interessare qualunque organo e apparato con manifestazioni cliniche pleomorfe.
La malattia ha una predisposizione genetica e in presenza di fattori scatenanti quali: virali, batterici, ormonali o ambientali, la risposta immunitaria viene alterata e i linfociti, aggrediscono l’organismo.

Ruolo della riabilitazione nella Sindrome di Sjogren
Il progetto riabilitativo presuppone un’attenta valutazione della persona e del suo stato di salute da parte di un team multidisciplinare, secondo i criteri ICF.
La disabilità in corso di Sindrome di Sjögren è il risultato dell’interazione tra fattori fisici, correlati alla patologia di base, fattori indipendenti dalla malattia, di tipo bio – psico-sociale (età, sesso, livello di istruzione, stato psicologico) e i fattori contestuali.
Pochi studi supportano la riabilitazione, l’evidenza data dalla pratica fisioterapica interviene nei vari momenti terapeutici secondo le fasi e stadi della malattia.
Prevenzione primaria
Nella fase iniziale di malattia è importante una prevenzione primaria.
Il progetto riabilitativo si sviluppa con indicazioni, informazioni specifiche di tipo comportamentale alla persona e approcci terapeutici individualizzati e/o in terapie di gruppo e domiciliari.
Prevenzione secondaria
La prevenzione secondaria si affianca alla fase di malattia caratterizzata dalle seguenti problematiche:
-coinvolgimento extraghiandolare in fase iniziale
-coinvolgimento polmonare
-coinvolgimento muscolo-scheletrico
-coinvolgimento neurologico (neuropatia periferica).
Il progetto riabilitativo, nella fase secondaria previene e controlla le complicanze e i danni agli organi e le strutture muscolo-scheletriche coinvolte.
Prevenzione terziaria
La prevenzione terziaria interviene in presenza del coinvolgimento multi organo avanzato.
Il progetto riabilitativo prevede programmi di gruppo e individualizzati, specifici per problemi valutati e monitorati nel tempo a livello dell’apparato muscolo-scheletrico, neuromuscolare e organicistico.

Ruolo dell’infermiere nella Sindrome di Sjogren
Il supporto assistenziale alla persona con Sindrome di Sjӧgren è necessario fin dal primo momento della presa in carico, come parte attiva alla terapia farmacologica e aiuto alle ADL, associato a momenti dedicati all’educazione e all’informazione.
La persona deve essere aiutata nella presa in carico delle proprie responsabilità rispetto alla gestione farmacologica della patologia come prevenzione al peggioramento clinico.
L’infermiere convalida, suggerisce, corregge e incentiva il percorso personale dell’assistito in un approccio di multidisciplinarietà in accordo alle altre figure professionali.

Sindrome di Sjogren e Modello Mente-Corpo
E’ dimostrato come la Sindrome di Sjogren è per la persona interessata condizione e causa di uno stress prolungato nel tempo che si accompagna ad ansia e depressione, supportato dal logorio mentale alimentato da frequenti pensieri negativi.
La psicologia sostiene come dietro ad ogni malattia c’è sempre la persona con la sua storia di vita, densa di emozioni e immagini spesso “congelate” che generano sofferenza.
L’obiettivo è trattare le persone da un punto di vista psicologico, affrontando insieme le loro emozioni, il lutto per un corpo malato, la vita sociale che diviene progressivamente sempre più ristretta e le relazioni familiari che nel tempo vengono fortemente danneggiate.

Patient Engagement e nuovo ruolo del Paziente
Per la maggior parte della storia, i pazienti sono stati destinatari passivi dell’assistenza medica, con scarso o nessun ruolo nella ricerca. Le persone coinvolte nella ricerca non erano tenute a dare il proprio consenso informato prima dell’adozione del Codice di Norimberga nel 1947. Da allora, il coinvolgimento della persona si è fortemente sviluppato e oggi vi sono numerose occasioni per partecipare come partner attivi nella definizione della ricerca e della sua priorità sia per quanto riguarda le domande che le soluzioni.
Questi cambiamenti hanno portato al nuovo modello rappresentato dal Patient Engagement. Si tratta di un concetto che prevede il coinvolgimento e la partecipazione attiva della persona nelle decisioni sulla assistenza e sulla ricerca medica che lo riguardano. E’ un concetto strettamente affine alla medicina personalizzata, della quale rappresenta una premessa ed esprime l’impegno attivo della persona nei confronti dei fornitori di assistenza sanitaria per definire obiettivi, mantenersi sano, gestire le condizioni di malattia e seguire piani in grado di conservare la propria salute e benessere.

Patient Engagement per la ricerca di nuove terapie farmacologiche per la Sindrome di Sjogren
Il progresso scientifico degli ultimi decenni ha fornito informazioni senza precedenti sulle basi molecolari delle malattie e permesso di identificare un numero di bersagli biologici per i nuovi farmaci fino a pochi anni fa impensabile. Tuttavia la grande parte delle oltre 10.000 malattie oggi conosciute, delle quali 7.000 classificate come rare, compresa la Sindrome di Sjӧgren, non dispone a tutt’oggi di un trattamento adeguato.
L’evoluzione della tecnologia farmaceutica ha consentito lo sviluppo delle prime applicazioni di terapia cellulare e genetica in fase di immissione nella pratica medica, offrendo nuove opportunità terapeutiche per la cura delle malattie e non solo interventi sintomatici o patogenetici.
Lo sviluppo della tecnologia informatica rende progressivamente più facile valutare gli esiti dei farmaci nel contesto della pratica medica, attraverso l’analisi delle informazioni dei database sanitari ed inoltre rende possibile la ricerca realizzata dalla persona, attraverso tecnologie quali Apple ResearchKit, disponibile dal 2015.
I dati raccolti sono quelli disponibili attraverso HealthKit (un insieme di applicazioni sulla salute sviluppate da Apple per iPhone) e da università e centri di ricerca. Essi raccolgono dati sull’esercizio fisico, peso corporeo, livelli di glucosio, abitudini alimentari, pressione arteriosa e in generale tutti i dati che si possono misurare attraverso i sensori dell’iPhone e dell’Apple Watch.
Si tratta di una piattaforma aperta a tutti i ricercatori per realizzare e lanciare applicazioni rivolte alla attivazione di studi clinici. Ciò consente di ottenere un notevole risparmio di tempo nell’arruolamento, una maggiore frequenza nel monitoraggio dei dati raccolti in modo automatico e di quelli raccolti attraverso appositi questionari compilabili sull’iPhone con una migliore accuratezza dei dati stessi. Attualmente sono disponibili applicazioni realizzate per studi condotti su asma, tumore della mammella, malattie cardiovascolari, diabete, malattia di Parkinson, melanoma, epilessia, autismo.
L’accoglienza da parte degli utenti di iPhone è stata favorevole: oltre 10.000 persone hanno scaricato l’applicazione della Stanford University nel primo giorno dopo il lancio e hanno dato il proprio consenso a partecipare allo studio. L’adesione è stata forte, gli scienziati californiani sostengono che gli studi tradizionali necessitano almeno di un anno di lavoro per raggiungere tali numeri.

“NeuroSjogren: necessità di un approccio diagnostico condiviso”
Non di rado nella pratica clinica, accade che alcuni sintomi riportati dai pazienti possano essere sottostimati per diverse ragioni. Lavorare con patologie di “confine” come la Sindrome di Sjӧgren, malattia infiammatoria cronica di natura autoimmune, in cui la collaborazione di diversi specialisti dovrebbe essere alla base di una buona riuscita sia nella presa in carico, ma soprattutto della cura del paziente, spesso espone al rischio di sottovalutare quei sintomi non di “stretta competenza” del professionista, favorendo in tal modo l’eventuale peggioramento di questi. In altre circostanze invece, può accadere che non si disponga di strumenti diagnostici adeguati sia alle caratteristiche cliniche della patologia presa in esame sia alla popolazione di riferimento. Tale problematica, nonostante si sia posto l’accento su quanto emerso durante l’anamnesi o in visita, fa si che il sintomo clinico non venga rilevato (e conseguente non sia trattato farmacologicamente e/o non sottoposto ad ulteriore parere) fino a che non si palesi una maggiore frequenza e intensità, tanto da dover ricorrere poi a terapie d’emergenza.
Come già accennato, il rischio diventa maggiore quando ad “entrare in gioco” sono le varie comorbilità, frequenti nella Sindrome Sjӧgren (seppur riportate con estrema variabilità nella letteratura scientifica), e soprattutto quando si è agli esordi della patologia. Spesso una “deflessione del tono dell’umore”, uno “stato ansioso”, la “difficoltà a denominare correttamente degli oggetti”, il “non ricordare alcuni eventi”, l’insorgenza di “cefalea” o “dolori e pesantezza agli arti mai avvertiti in precedenza” possono esser interpretati come conseguenza di natura “reattiva” a quanto sta accadendo. Il paziente si trova infatti, a dover fare i conti con una situazione del tutto nuova che prevede un notevole impegno e dispendio di risorse, di tempo e di energie, e che in pochi casi, si tramuta nella necessità di dover effettuare diverse indagini strumentali per giungere ad una diagnosi non sempre chiara e tempestiva.
Dover effettuare questo nuovo percorso, spesso intriso di difficoltà, è effettivamente fonte di disagio; l’ideale sarebbe disporre di strumenti diagnostici fini, in grado di rilevare e differenziare quanto questi nuovi sintomi siano effettivamente da ricondurre alle circostanze piuttosto che alla patologia stessa.
Al contrario permetterebbe non solo di far luce sulla diagnosi ma di essere tempestivi nell’intervento per apportare notevoli benefici alla qualità di vita del paziente.
Come già messo in evidenza, l’impiego di indagini strumentali non appropriate e rispondenti alle caratteristiche cliniche della popolazione affetta da sindrome dei Sjӧgren, ha comportato la sottostima di alcuni sintomi che invece segnalavano il coinvolgimento del sistema nervoso centrale.
Prendendo in esame le funzioni cognitive diversi sono i casi di pazienti che, sottoposti a screening non selettivi ma di routine, sono risultati al di sopra dei cut off posti ad indicare una prestazione nella norma.
Utilizzando però una Batteria neuropsicologica mirata, le varie performance (in particolare quelle inerenti le funzioni esecutive) sono drasticamente crollate al di sotto della media, confermando dunque quanto effettivamente riportato dal paziente stesso e palesando la necessità di provvedere con un trattamento farmacologico nonché un intervento mediante la pianificazione di un percorso di riabilitazione cognitiva.
Consapevoli del fatto che ideare strumenti “patologia-specifici” sia piuttosto utopico, per quanto inizialmente oneroso, si dovrebbe fare lo sforzo di individuare tra i vari metodi di uso corrente (e in caso modificare in base alle esigenze) quelli che potrebbero effettivamente contribuire ad una migliore comprensione di quanto il paziente ci sta raccontando, ovviamente senza perder di vista quello che la lettura scientifica mette in evidenza circa la clinica della patologia in oggetto.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di delineare una sorta di “ gold standard” al quale sottoporre tutti i pazienti affetti dalla sindrome di Sjogren dal momento della prima diagnosi e non solo, che sia di supporto alla diagnosi precoce nonché differenziale, che permetta di monitorare l’evoluzione nel tempo del quadro clinico, e che conseguentemente guidi i vari professionisti coinvolti nella cura durante tutta la presa in carico.

Per chi è affetto da questa grave malattia e richiede informazioni, chiami il numero verde 800896949 o invii una e-mail a: animass.sjogren@fastwebnet.it


Dott.ssa Lucia Marotta
Presidente dell’Associazione Nazionale
A.N.I.Ma.S.S. ONLUS
www.animass.org

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